“La mente, mente”!

Lo avete mai sentito dire?

Il cervello umano quando si tratta di raggiungere un obiettivo ha la tendenza a seguire il percorso meno impegnativo, anche se questo significa ottenere risultati incompleti.

Questo principio è noto come “legge del minimo sforzo” perché nell’elaborare le informazioni provenienti dall’ambiente, il cervello seleziona gli input che richiedano meno sforzo cognitivo e che si adattino rapidamente agli schemi mentali esistenti, in modo da reagire tempestivamente alle situazioni che richiedano attenzione.

La velocità di reazione del sistema limbico, che è responsabile delle risposte emotive istintive, inibisce la riflessione approfondita che richieda uno sforzo da parte della corteccia frontale. Il cervello considera la riflessione come un consumo di energia non funzionale. Di conseguenza, la mente non è sempre orientata verso il raggiungimento del massimo risultato possibile in termini di acquisizione ed elaborazione di dati, ma preferisce un percorso apparentemente più coerente che permetta di allinearsi rapidamente all’obiettivo desiderato.

La pigrizia quindi, è una caratteristica intrinseca della natura umana e il cervello tende a rimanere nella sua “zona di sicurezza”, all’interno di schemi ben definiti che offrano un’interpretazione nota, coerente e rassicurante della realtà. Dunque il cervello ci imprigiona in una realtà in cui vediamo solo ciò che ci fa comodo e con cui siamo d’accordo, cercando di nascondere, confondere o sopprimere qualsiasi stimolo che ci spinga ad esplorare nuove opportunità e prospettive. Anche la solo la parola “nuovo” può innescare una resistenza al cambiamento.

Di conseguenza, ognuno di noi sperimenta momenti in cui si sente intrappolato e confuso, vittima di pensieri ed emozioni che non riesce a definire o comprendere pienamente, pervaso da un senso di inquietudine, di comodità scomoda, di propositi rimandabili e di dipendenze minori che sembrano invincibili.

Espressioni come “voglio cambiare lavoro ma alla mia età…”, “lunedì inizio la dieta…”, “sono stanca/o e non ce la faccio più…”,  eccetera, riflettono le sfide quotidiane che affrontiamo nel cercare di superare i limiti imposti dal desiderio del nostro cervello di rimanere in uno stato di quiete.

Superare questo stato tuttavia è possibile, perché esistono metodi e strumenti che ci permettono di superare gli schemi e le barriere che il cervello crea, aiutandolo a uscire dalla zona di comfort e a generare pensieri nuovi, che a loro volta spingeranno ad agire in modi mai immaginati prima.

Uno di questi è il coaching perché stimola il cervello a trovare soluzioni innovative a problemi vecchi, a pensare pensieri nuovi, incoraggia l’individuo a essere consapevole e concentrato su tutti gli aspetti della propria vita e lo supporta nel prendere decisioni libere e responsabili . Il coach fornisce gli strumenti per uscire dalla zona di comfort mentale e sperimentare azioni che alzino l’asticella delle aspettative e dei desideri personali.

Spesso mi è stato detto come gli obiettivi fossero già dentro me e che bastasse solo individuarli per poterli raggiungere, ma la realtà era profondamente diversa perché per quanto mi sforzassi non li vedevo, generando così un circuito vizioso che aumentava la confusione, il  senso di inadeguatezza e quello di colpa. La regola che “volere è potere” è infatti una falsità figlia del delirio di onnipotenza dell’uomo contemporaneo, che genera frustrazione e disorientamento in tutti quelli che non riescono ad ottenere quello che pensano che dovrebbe essere facilmente raggiungibile solo perché lo hanno pensato.

Credevo che la soluzione a tutto questo fosse cercare di capire quali fossero le cause dei problemi e che solo queste fossero interessanti da capire, ma poi ho scoperto che per quanto fosse importante saperlo non mi aiutava a risolvere le difficoltà, mentre quello che mi importava realmente erano le soluzioni, era cercare di ottenere obiettivi concreti come la serenità, la libertà e la consapevolezza.

Per questo ho intrapreso dei percorsi di coaching, come coachee, perché volevo sfidare il mio cervello alla ricerca di obiettivi concreti da raggiungere in maniera pratica ed in effetti quello che ho ottenuto e diventare più consapevole, libero e preciso nel definire me stesso rispetto agli altri, al mondo, e alla percezione della realtà.

Ho scoperto che, negli anni, le diverse esperienze, scuole e persone da cui ho imparato, mi hanno indicato una strada mia che voglio condividere con le persone che faranno coaching con me al quale per prima cosa vorrei domandare: 

“Come ti vorrai sentire alla fine di questo nostro percorso?”.